In prima nazionale dal 7 al 12 dicembre a Parma, sul palco ci sono solo gli attori «sensibili» del laboratorio permanente realizzato dalla compagni con l’Ausl
In scena c’è Ermengarda, interpretata da una ragazza con autismo. Accanto a lei, gli altri personaggi sono rappresentati da due persone con disagio psichico. Ma non recitano in un saggio di fine anno, bensì in uno spettacolo vero inserito all’interno del Festival Natura Dèi Teatri di Parma. La pièce in questione è una rivisitazione dell’Adelchi, in prima nazionale il 7 dicembre al Lenz per poi replicare il 9, 10, 11 e 12 dicembre. Dopo l’allestimento, l’anno scorso, de I promessi sposi, il progetto dedicato ad Alessandro Manzoni della compagnia Lenz Rifrazioni prosegue con una riflessione sulla poetica della tragedia che vede sul palco tre attori “sensibili” formatisi nel laboratorio permanente realizzato dalla compagnia parmense in collaborazione con il Dipartimento assistenziale integrato di Salute mentale dell’Ausl. Carlotta Spaggiari, 21 anni, è la protagonista Ermengarda. Carlo Destro affronta il ruolo del giovane Adelchi (suo fratello), mentre Franck Berzieri veste i duplici panni del padre Desiderio (re dei Longobardi) e di Carlo Magno, lo sposo che l’ha ripudiata. Al centro la morte, come gesto di sottrazione dal dolore di non essere amati.
Nuove forme di linguaggio
L’opera è frutto di un laboratorio che ha coinvolto sei persone autistiche e due con disturbi psichici: «Un lavoro incentrato sulla sonorità della parola, sul movimento, sulla relazione tra soggetti e sull’ascolto», dice Maria Federica Maestri, direttore artistico di Lenz Rifrazioni insieme a Francesco Pititto, che ha adattato il testo smantellandone l’impostazione ottocentesca in virtù di una funzionalità scenica contemporanea. L’Adelchi risulta così un insieme di dialoghi e monologhi immerso in una sorta di sogno o incubo in cui i personaggi sono come fantasmi, individui morenti tra cui spicca la solitudine femminile. «Ma l’idea di partenza vede il teatro come una lingua che si può imparare, piuttosto che come un’arte creativa performante – spiega Maestri –. Abbiamo trovato un “verbo” pedagogico che rende le persone con autismo in grado di esprimere le loro emozioni, spesso silenziate, attraverso le stimolazioni del teatro». I limiti «cognitivi e comportamentali, così, non sono più sintomi di un deficit patologico ma diventano elementi da tradurre in estetica attraverso il confronto con i grandi classici della letteratura», commentano i due direttori artistici.
Dall’ex manicomio all’attrice Down
È dal 2000 che Lenz Rifrazioni collabora stabilmente con il Dipartimento di Salute mentale dell’Ausl di Parma e in particolare con i pazienti psichiatrici dell’ex manicomio di Colorno, oggi anziani ospiti della comunità terapeutico riabilitativa di Pellegrino Parmense. I suoi sono laboratori permanenti, pratiche di teatro sociale contemporaneo integrate rivolte alle persone con disagio psichico o disabilità intellettiva. Ma la particolarità di questa compagnia sta nel fatto di avere una ragazza Down in pianta stabile tra i propri interpreti, regolarmente iscritta all’Ente nazionale previdenza e assistenza lavoratori dello spettacolo. Si chiama Barbara Voghera ed è una delle pochissime attrici “sensibili” a calcare le scene per professione. Classe 1971, ha debuttato nel ‘99 in Ham-let, performance andata in scena anche al Piccolo di Milano, e da lì ha iniziato a esibirsi in mezza Europa. Da qualche anno, poi, è anche assistente nei laboratori teatrali organizzati dalla compagnia, supportando i registi nel lavoro con gli altri attori “sensibili”. E se quest’anno Lenz ha lavorato anche con le persone cieche e ipovedenti, accentuando l’elemento sonoro (soprattutto elettronico), il prossimo anno organizzerà un laboratorio per le persone sorde. In cantiere, poi, c’è un progetto biennale incentrato sull’Orlando furioso.