La pratica di mindfulness aiuta gli individui con autismo ad alto funzionamento a mettere in atto comportamenti diretti ad uno scopo in sostituzione di tutti quei pattern ripetitivi e maladattivi diventati oramai automatici (Pahnke et al., 2014).
Oggi lʼautismo colpisce 10 bambini su 1000 e sembra essere presente in misura nettamente superiore nei maschi (Fombonne et al., 2003). La prognosi del disturbo è influenzata dal grado di funzionamento cognitivo che viene designato come miglior indicatore rispetto allo sviluppo futuro (Panerai et al., 2014).
Si parla di autismo ad alto funzionamento (HFA) quando il QI totale è superiore a 65/70, quando lʼindividuo ha sviluppato il linguaggio verbale, quando non sono presenti disturbi neurologici e quando quindi non vi è disabilità intellettiva (Ibidem).
Secondo Panerai et al. (2014) gli individui con diagnosi di autismo ad alto funzionamento presentano difficoltà marcate nel processo dellʼinferenza sociale ed in particolare, questa disfunzione, si manifesta nel momento in cui è chiamato a scegliere quale informazione prendere in considerazione e nella fase di memorizzazione.
Presentano quindi difficoltà durante lʼinterazione sociale che, secondo Hobson (2006), è spiegata dalla scarsa comprensione e consapevolezza che hanno di se stessi e dalle difficoltà che incontrano nel momento in cui devono dare un nome alle emozioni e devono essere in grado di esprimerle in modo socialmente convenzionale, autoregolandosi e condividendo quindi in modo adeguato i propri stati dʼanimo.
Va inoltre evidenziato come, in soggetti con autismo ad alto funzionamento, la scarsa capacità di regolazione emotiva può rinforzare strategie maladattive ed automatiche come la ruminazione (Mazefsky et al., 2014). I deficit nella regolazione emotiva potrebbero essere intrinsecamente legati sia allʼansia che allʼautismo (Ibidem).
Le possibili terapie per lʼautismo ad alto funzionamento
La terapia cognitivo-comportamentale (CBT), con lʼobiettivo di lavorare sugli schemi cognitivi e comportamentali e sulle strategie di controllo emotivo, è stata adattata al disturbo dello spettro autistico con lo scopo di trattare lʼansia e lo stress che risultano spesso associati a questa condizione (Sofronoff, Attwood e Hinton, 2005).
Essendo i soggetti con autismo ad alto funzionamento persone che hanno la tendenza ad assumere come propri schemi di pensiero e che hanno difficoltà nel considerare soluzioni e spiegazioni alternative ai problemi risulta importante attuare un intervento di CBT che miri alla ristrutturazione cognitiva e allʼeducazione emotiva (Ibidem).
Lʼacceptance and commitment therapy (ACT), terapia di terza ondata, che ha come obiettivo quello di aumentare la flessibilità psicologica e ridurre la rigidità degli schemi abituali di funzionamento attraverso lʼaccettazione, il riconoscimento dei propri pensieri e valori personali, lʼimpegno nellʼazione, il contatto con il momento presente e il sé come osservatore della propria esperienza nel qui ed ora, si sta rilevando essere molto efficace nel campo dellʼautismo (Hayes e Strosahl, 2004).
Si tratta infatti di un approccio che utilizza strategie basate sullʼaccettazione e sulla mindfulness (Ibidem).
La mindfulness come possibile terapia dellʼ autismo ad alto funzionamento
La pratica di mindfulness aiuta gli individui con autismo ad alto funzionamento a mettere in atto comportamenti diretti ad uno scopo in sostituzione di tutti quei pattern ripetitivi e maladattivi diventati oramai automatici (Pahnke et al., 2014).
In seguito ad un intervento ACT, opportunamente adattato per soggetti con autismo ad alto funzionamento, si sono registrati miglioramenti dei sintomi emozionali, una riduzione dellʼansia e dellʼiperattività che si sono mantenuti anche nel periodo di follow-up. Sembra infatti che le abilità acquisite dai soggetti durante la pratica mindfulness abbiano avuto un effetto protettivo sullo stress quotidiano e sul distress psicologico (Pahnke et al., 2014).
Un altro studio, effettuato sempre nello stesso anno da Murza et al., volto ad indagare lʼefficacia del metodo ACT in associazione con un intervento di verifica di generalizzazione dellʼabilità acquisita in contesti differenti ha fornito risultati contrastanti. A fine trattamento è stato infatti rilevato un miglioramento nella generazione dellʼinferenza durante la lettura e nelle abilità metacognitive mentre non si sono invece osservati cambiamenti significativi per quanto riguarda lʼabilità di inferenza sociale. È quindi probabile che le acquisizioni dellʼinferenza nella lettura non bastino perché i risultati vengano generalizzati ad altri contesti comunicativi. Gli autori stessi ritengono che forse in questo studio non ci si è focalizzati esplicitamente sullʼinferenza sociale vera e propria, che è sicuramente diversa dallʼinferenza nella lettura, anche se di situazioni sociali.
Lo studio di Murza et al. (2014) risulta essere comunque di grande rilievo in quanto suggerisce che gli individui affetti da autismo ad alto funzionamento possono imparare strategie di inferenza molto facilmente.
Gli studi citati risalgono a tempi recenti, di conseguenza i risultati, anche se promettenti, meritano maggiore attenzione e necessitano di ulteriori approfondimenti. La quantità degli scritti presenti non è inoltre ancora sufficiente per fornire conclusioni soddisfacenti.
Gli studi sulla mindfulness presentano sicuramente qualche lacuna (Dimidjian & Segal, 2015) o, comunque, la pratica di mindfulness stessa potrebbe incontrare nuovi ostacoli, laddove fosse applicata ad una popolazione clinica fortemente eterogenea, quale è lʼautismo, e ancora caratterizzata da diversi interrogativi.
Esistono tuttavia interventi adatti a promuovere la mindfulness che non fanno largo uso di competenze linguistiche e che non necessitano di un impegno cognitivo particolare. È il caso dei mindful movements, ovvero la pratica della consapevolezza dei propri movimenti.
Il movimento corporeo è considerato da tempo una buona via per coltivare diverse abilità mentali, quali lʼattenzione, lʼautocontrollo e la mindfulness, e recenti studi hanno riportato i vari benefici, apportati da addestramenti al movimento consapevole (Clark, Schumann & Mostofsky, 2015). La pratica del movimento consapevole è risultata efficace anche nella riduzione dello stress, componente presente nei soggetti affetti da autismo ad alto funzionamento, e delle sue conseguenze fisiche e psichiche (Ibidem).
Nel campo dellʼautismo ad alto funzionamento, un programma dʼintervento che tenga conto anche di esercizi di mindful movements potrebbe risultare efficace per trattare i sintomi comportamentali, dati i riscontri positivi nellʼautoregolazione, anche nei casi in cui non è prevista una terapia farmacologica (Rosenblatt et al., 2010).
In uno studio di Silva e Schalock (2013), in cui si sono osservati gli effetti di una pratica orientale, il qigong, che si focalizza sui movimenti, sullʼaffermazione, sulla respirazione, sulla meditazione e sul massaggio su bambini con diagnosi di autismo, si è evidenziato un significativo miglioramento nellʼautoregolazione comportamentale e sensoriale.
Inoltre, è stato dimostrato che anche una terapia integrativa basata sulla danza risulta efficace in adolescenti affetti da autismo in quanto, lo studio effettuato da Koch et al. (2015) ha evidenziato unʼaumentata consapevolezza corporea, una migliore capacità nel distinguere sé dallʼaltro e miglioramenti nelle abilità sociali nei soggetti che si sono sottoposti al trattamento.
Bremer et al. (2016) osservano come lʼesercizio fisico, come ad esempio, nuoto, jogging o yoga, inserito come approccio terapeutico integrativo per bambini e adolescenti con autismo ad alto funzionamento, apporti importanti benefici in diversi indici comportamentali. Sono stati infatti osservati miglioramenti significativi nella frequenza e nellʼintensità di comportamenti stereotipici, nel funzionamento socio-emotivo, nella cognizione e nelle capacità attentive.
Tutte queste tecniche si focalizzano sullʼesercizio fisico, la respirazione e la corporeità, aspetto questʼultimo centrale nella condizione dellʼautismo ad alto funzionamento, se si pensa alle precedenti considerazioni sulla consapevolezza corporea e sullʼautoregolazione. Secondo Clark et al. (2015), diversi sono i processi coinvolti nelle pratiche di questo tipo in quanto, la coordinazione dei movimenti potrebbe migliorare in conseguenza alle informazioni sensoriali in entrata, si sperimenta pianificazione ed organizzazione del nuovo movimento e si va ad aumentare la consapevolezza così da poter avere la possibilità di scegliere tra diverse prospettive, risposte nuove e contestualmente appropriate che permettono così allʼindividuo affetto da autismo ad alto funzionamento di ridurre le risposte abituali disfunzionali.
Infine, interventi di mindfulness risultano efficaci anche se applicati sui caregivers in quanto, un lavoro di questo tipo aiuterebbe il genitore, laddove fosse necessario, a trattare i livelli di stress percepito, ad osservare e affrontare con maggiore consapevolezza e minore impulsività i problemi comportamentali del figlio e ad aumentare il senso di auto-efficacia e di rilassatezza genitoriale (Singh, Singh, Lancioni, et al., 2010).
Gli stessi autori hanno preso in considerazione il fatto che un intervento di mindfulness, appositamente pensato per gli operatori legati alla realtà dellʼautismo, potrebbe incidere sul soggetto autistico in modo indiretto. In questo caso, il miglioramento della qualità dellʼattenzione e della capacità di riconoscimento delle emozioni dellʼoperatore avrebbe un effetto salutare indiretto sul soggetto affetto da autismo, in quanto a beneficiarne sarebbe in primis la relazione nella sua totalità (Singh, Singh, Lancioni, et al., 2010).
Argomento dell’articolo: Psicologia, Psicoterapia Articolo consigliato dall’autore
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Bibliografia
Bremer, E., Crozier, M., Lloyd, M. (2016). A systematic review of the behavioural outcomes following exercise interventions for children and youth with autism spectrum disorder. Autism: the International Journal of Research and Practice.
Clark, D., Schumann, F., Mostofsky, S.H. (2015). Mindfuln movement and skilled attention. Frontiers in Human Neuroscience, 9, 297.
De Bruin, E. I., Blom, R., Smit, F.M., Van Steensel, F.J. & Bogels, S.M. (2015). Mymind: mindfulness training for youngsters with autism spectrum disorders and their parents. Autism: the International Journal of Research and Practice, 19 (8), 906-914.
Dimidjian, S., Segal, Z. V. (2015). Prospects for a clinical science of mindfulness-based interventions. The American Psychologist, 70 (7), 593-620.
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Mazefsky, C.A., Borue, X., Day, T.N., Minshew, N.J. (2014). Emotion regulation patterns in adolescents with high functioning autism spectrum disorder: comparsion to tipically developing adolescents and association with psychiatric symptoms. Autism Research: Official Journal of the International Society for Autism Research, 7 (3), 344-354.
Murza, K.A., Nye, C., Schwartz, J.B., Ehren, B.J., & Hahs-Vaughn, D.L. (2014). A randomized controlled trial of an inference generation strategy intervention for adults with high-functioning autism spectrum disorder. American Journal of Speech-Language Pathology, 23 (3), 461-473. Pahnke, J., Lundgren, T., Hursti, T., & Hirvikoski, T. (2014). Outcomes of an acceptance and commitment therapy-based skills training group for students with high-functioning autism spectrum disorder: a quasi experimental pilot study. Autism: the International Journal of Research and Practice, 18 (8), 953-964.
Panerai, S., Tasca, D., Ferri, R., Genitori Dʼarrigo, V., Elia, M. (2014). Executive functions and adaptive behaviour in autism spectrum disorders with and without intellectual disability. Psychiatry Journal, 2014. Rosenblatt, L. E., Gorantla, S., Torres, J.A., Yarmush, R.S., Rao, S., Park, E.R., Denninger, J.W., Benson, H., et al. (2010). Relaxation response- based yoga improves functioning in young children with autism: a pilot study. Journal of Alternative and Complementary Medicine, 17 (11), 1029- 1035.
Silva, L., Schalock, M. (2013). Treatment of tactile impairment in young children with autism: results with qigong massage. International Journal of Therapeutic Massage & Bodywork, 6 (4), 12-20.
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